sabato 3 marzo 2007

Il fastidio per questa crisi da maschi



Inizio questa avventura del blog di partito con un omaggio a Teresa Noce, con il bellissimo articolo di Lidia Menapace.

Questo blog è aperto a chiunque, voglia confrontarsi civilmente



di Lidia Menapace
Una crisi brutta e certo non pienamente risolta. Il discorso di Prodi è stato buono, allineato con D’Alema sulla politica internazionale, migliore addirittura del discorso di insediamento e anche molto meno altezzoso delle dichiarazioni
rese nel corso degli ultimi tempi, che sembravano fatte apposta per irritare elettori e sostenitori. Ci sarà tempo per rileggerlo più attentamente perché invece ora a me preme parlare del carattere nominalistico e patriarcale dell’intero evento.
Stabilito che non esiste nell’attuale Parlamento altra maggioranza possibile, o una diversa maggioranza che Prodi sia disposto a dirigere, è obbligatorio trovare il modo di restare insieme. Le ragioni sono poi tutte quelle del programma, riconfermato, mentre Prodi ha lasciato in ombra il metodo del consenso nelle decisioni: vuole avocare a sé tutte le decisioni? Si vedrà.
Le code dell’infuocato dibattito sulla libertà di coscienza (nella maggioranza) e sulla discontinuità (con l’opposizione) ha mostrato la vecchiezza della cultura e del linguaggio politico maschile vigente, che sta diventando addirittura ridicolo.
Un tormentone della crisi è quello dell’esposizione delle coscienze tormentate. Ci si è accorti che le donne non hanno partecipato alla esibizione dei loro tormenti, dolori e imperativi di coscienza? Per esempio, Haidi Giuliani, che ha molti motivi di sofferenza, per la sua storia, la sua stessa identità politica e sociale, si
guarda bene dall’esternare. Ma non solo. Sono certa che molte di noi hanno lottato in questi giorni con l’impulso a “tirar fuori le viscere” e hanno preferito invece magari il silenzio, di fronte ad una situazione che richiedeva soprattutto capacità di analisi politica e nervi saldi.
Ma molti uomini della politica sembrano dimenticate le più elementari affermazioni sulla libertà, che datano in Europa almeno dall’Illuminismo, quando fu detto, ripetuto e sancito che la libertà di ciascuno si arresta quando incontra la libertà di un altro: la libertà è sempre delimitata dalla solidarietà tra umani. Nemmeno di questo si tiene conto. Esiste certo, e ci mancherebbe, la libertà di dissentire pubblicamente: è riconosciuta da tanto tempo ma rimane
nell’ambito verbale, non viene seguita da una azione diversa da quella stabilita dal gruppo del quale si fa parte, altrimenti viene meno qualsiasi regolamentazione dell’agire. Da quando poi Don Milani affermò che l’obbedienza non è più una virtù – e andava bene in un contesto di tradizionale
obbedienza chiusa ed acritica - non è detto che lo sia, meccanicamente, la disobbedienza.
Il fastidio tra le donne è grande, profondo e non riducibile: le vostre regole astratte, enfatiche, che poggiano sui vostri ego mostruosamente gonfiati fino a divenire per voi ogni giorno espressione delle sorti delmondo, senza il minimo senso del ridicolo né del limite, davvero non servono ad altro che a creare ingorghi e fare pasticci.
Dicevo del carattere nominalistico: l’opposizione insegue come uno
straccio rosso la parola “discontinuità”: se non c’è gongola, se c’è protesta,
indipendentemente dal fatto che esista. Nello stesso tempo però
oggi un suo rappresentante, e non dei minori, con un passato sindacale, ha
invocato una nuova “conventio ad escludendum” verso i comunisti: segno
di quanto sia importante rimanere nelle istituzioni, per non dare adito
ad una torsione fascistizzante della destra politica.
Noi donne andiamo avanti con la nostra cultura politica che tiene la sua visione
all’orizzonte e cerca di far passi in avanti per avvicinarvisi. Non sarebbe male che anche nelle istituzioni ci si rendesse conto di quanto essa sia diffusa nel paese, praticata ed utile: non vi accorgete che a Vicenza è nata una nuova forma di femminismo e di presenza politica della donne, come in No Tav, in No Vat, in Usciamo dal Silenzio?
Via via tutti i movimenti di cittadinanza sono alimentati nella loro concretezza e politicità non localistica,benché radicatissima nei territori, da molte donne.
Come al solito le istituzioni non se ne accorgono, Prodi dichiara che c’è un
problema e non si azzarda a dire come si potrebbe risolverlo: già un inizio di
saggezza. Tenete a mente il messaggio che vi mandiamo: primo, il patriarcato fa
acqua da tutte le parti, come anche la stampella del capitalismo è di scarsaefficacia, produce ingorghi e pasticci; secondo, non è detto che saremo in
eterno disposte a metterci le necessarie pezze anche se siamo brave a farlo.
Ma nel caso potremmo decidere invece di metterci a fare dei patchwork
progettati tra noi.
Le vostre regole astratte, enfatiche, che poggiano sui vostri ego mostruosamente
gonfiati fino a divenire per voi ogni giorno espressione delle sorti del mondo non servono ad altro che a fare pasticci

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